
È un libro che non ti aspetti, che scuote per quelle frasi che sono già schegge di granata, collegamenti neuronali rapidi e frammentari persino quando descrivono la casetta di legno della nonna in campagna. Nel gioco dei flashback la storia va avanti e indietro, con un montaggio incalzante che lascia poco fiato, giusto quanto serve per un’inattesa risata. C’è infatti ironia, distillata nelle pagine, assieme all’innocenza inesperta di Aureliano, manichino disarticolato fra le sabbie dell’Iraq. Eppure, anche mentre si ride, un nodo stringe lo stomaco ed è un nodo «che non scioglierebbe neppure Houdini».
La prima parte del libro, il vagare del corpo martoriato da una barella improvvisata all’altra, si scola in un solo sorso. Poi la scena cambia, dal deserto si giunge all’ospedale militare del Celio, all’Italia, alla vita civile. E lì, mentre la storia si acquieta e si fa riflessiva, scopriamo che in Italia di civile c’è ben poco. Con quante fesserie ci hanno imbonito? Quante balle ci hanno propinato? Gli occhi di Aureliano lacrimano, ma non è rossore, non è sofferenza, è rabbia; rabbia perché quegli occhi erano laggiù e hanno visto e – vacilli chi mente sapendo di mentire – sono tornati indietro per raccontare quanto hanno visto.
Naturalmente le parole di un aiuto regista non contano nulla, in rapporto a quelle di un alto graduato invitato al salotto di Vespa; poco importa che quest’ultimo fosse sprofondato in poltrona mentre il primo roteava nell’aria sollevato dallo spostamento d’aria dell’esplosione. A noi rimane la consolazione di un libro dove rintracciarle, nella speranza (vana?) di abitare un giorno in un paese più vero e civile.
Francesco Trento – Aureliano Amadei, Venti sigarette a Nassirya, Torino, Einaudi, 2005.
Le mie chiocciole: @@@@
Da regalare: a chi andrebbe in mimetica anche a messa.
1 commento:
la guerra che non si vede, conflitto insabbiato che si traveste da "pacificazione", torna a squassare la coscienza grazie alla leggerezza e l'ironia di una scrittura che restituisce l'angoscia senza mistificarla in epica
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