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venerdì 21 dicembre 2012

Poesia per la fine del mondo

In attesa della fine del mondo, a noi viene in mente una poesia, e, recitandola, sereni ci sediamo ad aspettare.

Che bello che questo tempo
è come tutti gli altri tempi,
che io scrivo poesie
come sempre sono state scritte,
che questa gatta davanti a me si sta lavando
e scorre il suo tempo,
nonostante sia sola, quasi sempre sola nella casa
pure fa tutte le cose e non dimentica niente
ora si è sdraiata ad esempio e si guarda attorno,
e scorre il suo tempo.
Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà,
che bello che non siamo eterni,
che non siamo diversi
da nessun altro che è vissuto e morto,
che è entrato nella morte calmo
come su un sentiero che prima sembrava difficile, erto
e poi, invece, era piano.

(Claudio Damiani)


martedì 21 settembre 2010

Teste di legno, fermenti lombardi e poesie dal cielo

Al Giro d'Italia del 1924, quell'anno e poi mai più, in mezzo agli uomini pedalava anche una donna. Proprio ad Alfonsina Strada (nomen omen) è idealmente ispirata la divertente iniziativa che si terrà all'auditorium di Roma domani, 22 settembre, a partire dalle 19,30. E' il Goodbike reading, letture, poesie e canzoni sul tema della bicicletta, accompagnati dai Têtes de Bois, che alle due ruote hanno dedicato il loro ultimo album. Saranno presenti fra gli altri Margherita Hack e Chris Carlsson, ideatore del movimento Critical Mass (è consigliato andarci in bicicletta, of course).
Ci sarà un gran fermento attorno ai libri in Lombardia, dal 24 al 26 settembre, grazie all'iniziativa "Fai il pieno di cultura". Gli eventi saranno molti e sparsi in ogni angolo della regione, ci sarà il Baratto del libro, ovvero trattative per scambiare un vostro vecchio libro con uno nuovo (a San Felice del Benaco - BS, sabato 25 dalle 15.00 alle 18.00); i Capricci del gusto offrono assaggi con cui accompagnare la lettura de Il pranzo di Babette di Karen Blixen, pensando al cibarsi quale 'esperienza sapienzale' (a Curtatone - MN, sabato 25 dalle 16.00 alle 18.00); a San Paolo d'Argon (BG), sempre sabato ma in serata, si legge Antonio Tabucchi: La donna di Porto Pim e altre storie di mare.
Un'iniziativa provocatoria e toccante è quella messa in piedi dal gruppo Casagrande. Da qualche tempo si danno infatti da fare per bombardare le città di poesie, per scaricare grappoli di foglietti con versi da leggere sul fare del tramonto. Quasi commuove vedere le persone col naso al cielo, ad inseguire poesie, stupiti e felici, poi assorti. Quasi commuove il rumore delle pale dell'elicottero, perché non si può non pensare alla paura di quel rumore, quando il carico era diverso. Vale la pena: c'è Berlino, Varsavia e altre.

venerdì 21 maggio 2010

In morte del poeta

Di fronte alla morte le parole sono quasi sempre inadeguate, perciò sarebbe bene lasciare alla morte il suo silenzio. Ma noi, che ancora rimaniamo da questa parte, abbiamo bisogno di raccontarci qualcosa, di rifugiarci nelle parole, soprattutto quando a lasciarci è un poeta. In questi casi funziona guardare indietro, meglio se verso un ricordo non impettito, ancor più se verso una poesia intensa.
Il primo spunta fra due chiacchiere dietro un caffè, ringrazio Lodovico Steidl per avermi concesso le sue riflessioni prese dal vivo: «Ho conosciuto Sanguineti una quindicina d'anni fa. Mi parve già allora decrepito, forse perché i brutti sembrano sempre più vecchi... Era brusco e al tempo stesso gentilissimo, di poche parole eppur disponibile ad ascoltare. Mi ha sempre colpito il suo continuare – fino all'ultimo – a professarsi marxista. Insomma, i tempi erano cambiati, ma lui no. Davanti a questo vomitevole voltagabbanismo, me lo figuravo totem immutabile, piantato sul molo del porto di Genova: tagliato con l'accetta il suo naso, tagliata con l'accetta la sua bazza da sdentato. E alla fine mi ero scordato della sua somiglianza con Marty Feldman».
La seconda, la poesia, da sola giustifica il dispiacere per questa penna definitivamente posata:

LA BALLATA DELLE DONNE

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

Edoardo Sanguineti

(da Mikrokosmos. Poesie 1951-2004, Milano, Feltrinelli, 2004)

mercoledì 21 aprile 2010

Sei parole

La poesia la frequentiamo poco, troppo poco. I nostri maestri hanno ormai smesso d’insegnarci il bene che può venire da una poesia e anche noi siamo infine impigriti, spaventati dal suo dire le cose – vere, profonde – con una sincerità che ci disturba. Eppure la poesia è prosa distillata, è succo del succo, è messaggio che più d’ogni altro colpisce nel segno; non dovremmo abituarci a farne a meno.
Voglio fare un omaggio ad una poesia che fino a ieri non conoscevo. Mi è arrivata sotto agli occhi per caso, ed è sempre bello quando succede. Leggevo di una signora, quella della foto qui a fianco, nata nel North Carolina nel 1920. Eleanor Ross Taylor, così si chiama, si è tolta una bella soddisfazione: ha vinto il premio Ruth Lilly della American Poetry Foundation, un riconoscimento di alto livello particolarmente interessante anche dal punto di vista economico, dato che prevede un assegno da 100.000 dollari tondi tondi. Questa conquista, raggiunta a novant’anni (mai perdere la speranza!), è diventata una notizia nella notizia. In verità non si tratta di una sorta di terno al lotto, né di un riconoscimento tardivo, la nostra poetessa di soddisfazioni del genere ne ha avute diverse altre nella sua lunga vita, e non è detto non punti ad incrementare ancora la collezione.
La poesia la trovate qui sotto, a quanto so è inedita in Italia, ed è per questo che dovrete accontentarvi di una traduzione improvvisata, anche libera, ma vi assicuro sincera (per chi sapesse far meglio, ecco il testo originale). È in quella domanda alla fine che rintocca, per come la immagino, la forza della poesia. Bastano sei parole per rimanere così, un po' imbambolati, a chiederci chi siamo.


Ultimo atto

No, l'anima non lascia il corpo.

È il mio corpo a lasciare l'anima.
Stanco di trasformare pollo fritto e
caffè in muscoli ed escrementi,
stanco di nascondere le lacrime, di tergerle,
stanco di aprire gli occhi su un altro giorno,
stanco soprattutto di quel cuore di carne,
che pompa, che pompa. Di più,
di quel cervello che rimescola incubi.
Il corpo si prepara:
sgancia, spegni, cancella.

Ma allora, credo, un impercettibile litigio
prende vita.
L’anima pare agitare il pugno.
Vuole il cervello? Reclama sogni e incubi?
Si appella ad una clausola che dimostra il suo diritto?

Ci sarà uno scontro. Una lotta mortale.
Sappiamo, ovviamente, chi vincerà. . .

Ma chi è invece, che osserva?