lunedì 29 dicembre 2008

Sacrifici inutili

Scusate, ma evidentemente qualcosa mi sfugge. Devono aver trafugato il diario segreto di quel ragazzo delle medie che si racconta in Tapparelle; ne hanno estratto le parti migliori (?), le hanno ben impaginate, corredate di disegni curiosi e mandate in stampa. Tutto qui? Direi di sì. L’esito finale è una sorta di delirio artisticamente molto debole, abbastanza ripetitivo, sostanzialmente insensato. Forse il demenziale basta a sé stesso, ma in genere – per quanto mi è capitato di vedere – anche il demenziale ad un certo punto reca un messaggio, tradisce un pensiero nascosto fra le righe. Qui non ho trovato nulla. Allora, cui prodest?
Nei college americani se uno è bravo, ad esempio, a giocare a baseball, gli abbuonano le altre materie. La pratica può non essere condivisa, ma presenta un suo perché. Invece non trovo un perché in un buon gruppo musicale che si mette a pubblicare libri sostenendo, per scherzo, che il baseball è il più bel gioco del mondo.
Il vizio dilaga: se sfondi in un ambito, per forza devi essere bravo a fare qualsiasi cosa. Perché, di grazia? Non se ne può più di dj che fanno i doppiatori, di presentatori che fanno gli attori, di veline che presentano e avanti con tutto il baraccone. Soprattutto un po’ mi stupisce che siano caduti in tentazione Elio e compagni, ma non li biasimo; se mi invitassero a partecipare alle olimpiadi come saltatore con l’asta ci andrei senz’altro, nonostante l’ovvia pessima prestazione che offrirei. Il problema perciò è un altro: chi ha dato loro l’occasione di scrivere questo libro?
In chiusura mi fermo sul sottotitolo, che così recita: Il Nuovissimo Metodo per entrare alla grande nel mondo dei grandi. Il mistero si infittisce, non capisco dove sia il metodo. Forse l’unico insegnamento è che il mondo dei grandi è insensato, ma venti poesie su animali spiaccicati non mi pare il miglior modo per trasmetterlo.


Elio e le storie tese, Animali spiaccicati, Torino, Einaudi, 2004, pp. 252.

Le mie chiocciole: @

Da regalare: a un fan di Elio (ma molto fan)

lunedì 22 dicembre 2008

La genialità del siracusano

Forse per colpa di Walt Disney, ho l’impressione che Archimede sia un pensatore a cui oggi non sono comunemente riconosciuti gli effettivi meriti. Di solito lo si immagina mentre parla con una lampadina e collauda un raddrizza-banane fotovoltaico, o tutt’al più nell’atto di saltare fuori dalla vasca e correre per strada in abito adamitico gridando: «Ho trovato! Ho trovato!». Sarà anche perché a scuola non c’è nessun teorema di Archimede da mandare a memoria, fatto sta che a Pitagora e Talete si guarda con gran rispetto, mentre sul nostro quasi quasi ci si ride su. Ma il siracusano era uno che sapeva il fatto suo e ha segnato importanti tappe nel cammino della scienza. Forse sapere di dovere a lui la scoperta del pi greco non provoca un moto di simpatia, ma del suddetto numero ripieno di decimali l’utilità è universalmente riconosciuta. Va altresì detto che – molto prima che gli inglesi (a detta loro) inventassero il calcio – Archimede aveva già previsto il pallone dandogli il comodissimo e grecissimo nome di icosaedro troncato. E poi ovviamente l’eureka che svela il trucco del falsario e il concetto di peso specifico; la leva; gli specchi ustori; la catapulta; e tanti altri simpatici aggeggi che, sotto diverse fogge, fanno parte della vita di tutti i giorni. Il racconto arguto della vita di un genio che esalò l’ultimo respiro nel 212 a.C., colpito a morte da un soldato romano irritato per essere stato così apostrofato: «noli turbare circulos meos». Non poteva sapere che quel tale immerso nell’osservazione di alcuni disegni nella sabbia era il grande Archimede.

Mario Geymonat, Il grande Archimede, Roma, Sandro Teti, 2006, pp. 138.

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Da regalare: a chi legge solamente i numeri sulla calcolatrice

domenica 14 dicembre 2008

Il giardino del ministro

Fra tutti i Ministri dei Beni Culturali, Sandro Bondi mi pare quello che meno si è messo finora in evidenza. Non viene intervistato, non rilascia dichiarazioni, non preannuncia innovazioni. Sarà che il governo ha altre priorità, sarà che il portafoglio è sempre più sottile, di fatto l'apparenza ci parla di un ordinario tran tran. Intendiamoci, potrebbe essere addirittura un buon segno, ma da lettori esigenti stiamo all'erta nel controllare le mosse del dicastero che per primo dovrebbe occuparsi di editoria e promozione della lettura.
Per amor di verità va segnalata, fra le non eclatanti novità, quella collocata in bella vista nella home page del Ministero stesso: le recensioni di Bondi. Si tratta però di una novità che fa saltare la mosca al naso, per un evidente motivo di concorrenza sleale. Come può il VoltaPagine sperare di far valere il proprio parere su un libro, quando ha di fronte la prima pagina del sito istituzionale di uno dei ministeri della Repubblica Italiana? Non c'è ovviamente partita a livello di audience. In realtà la cosa non mi turba – come ben immaginerete – mi domando soltanto se sia corretto utilizzare un mezzo pubblico per diffondere giudizi che poco o nulla hanno a che fare con la funzione del temporaneo responsabile. Sarebbe come se l'autista di un autobus di linea facesse suonare tutto il giorno nello stereo del bus le canzoni da lui composte in lunghe notti di struggimenti sulla chitarra. Mi parrebbe evidentemente un uso personalistico di bene comune, come considerare proprio giardino personale un parco invece pubblico. Al di là della piacevolezza di recensioni o canzoni, su cui non esprimo giudizi, perché devo trovarmele di fronte, e perciò subirle, quando sul quel sito o su quell'autobus sono senza dubbio arrivato per ben altre necessità?
Consiglierei allora al buon Bondi di crearsi un blog o organizzare una newsletter (magari a sue spese piuttosto che sfruttando i tecnici del ministero); sono persino disposto a dare qualche suggerimento, in fondo la concorrenza onesta non mi spaventa.

Qualcosa da cambiare

La prima proposta è in sostanza quella di affidare il governo dell’Italia ad un qualche organismo estero, avendo preso atto della congenita incapacità degli italiani di darsi un governo serio e duraturo. L’idea non è del tutto nuova, se si pensa che nel Medioevo i comuni chiamavano spesso a guidarli personalità provenienti da luoghi lontani, scegliendoli in base alle loro qualità e avendo la garanzia fossero liberi da legami di interesse e parentela. Eppure è rivoluzionaria nel momento in cui fa veramente riflettere, con il sorriso, sulla pochezza della nostra classe dirigente. Si badi che Prezzolini scriveva nel 1975, ma si faccia avanti chi ha coraggio di affermare che le cose siano nel frattempo migliorate.
Ce ne vorrebbero di intellettuali così, cioè di intellettuali veri, di destra o sinistra che siano. Di gente che pensa veramente e non dà nulla per scontato, non concede nulla all’abitudine e alla tradizione, perché sa che tutto può cambiare e volendo in meglio. Sulla scia di Swift, ironica e provocatoria, Prezzolini snocciola le sue proposte e ci lascia disorientati, ma con un sacco di interessanti interrogativi.
Il libretto si asciuga in un momento, per poi decantare con calma, come fanno le parole degli oratori eccellenti. Sfidate allora queste proposte e vedete cosa riuscite a ribattere, o magari se ve ne vengono in mente altre da contro-proporre; potrebbe essere un piacevole gioco di società. A questa non ho nulla da obiettare: «Una legge che obblighi tutte le femmine e tutti i maschi che esercitano la prostituzione, a pagare le tasse come ogni altro noleggiatore (...) con obbligo di tariffa esposta nel locale». Che dire poi della quinta proposta per l’abolizione delle tesi universitarie? Sacrosanta (e infatti nella sostanza, ma non nella forma, rispecchia quanto accade oggi).
Tanto per non parer di parte, e tuttavia ben conscio della modestia del mio pensiero, mi permetto di contestare la quarta proposta, che vorrebbe l’abolizione dell’insegnamento di Stato delle materie umanistiche. A me pare i rischi siano molti, nel lasciare solo all’iniziativa privata il timone del mondo delle lettere, e non perché mi illuda che dalla scuola possano venire scrittori o musicisti, quanto piuttosto perché non sempre «chi ha voglia di imparare, impara da sé». Anzi, di maestri come Prezzolini ce ne vorrebbero ancor di più, ma ho l’impressione che la nostra società non offra molti luoghi dove incontrarli. Se affossiamo pure la scuola, che fine faremo?

Giuseppe Prezzolini, Modeste proposte scritte per svago di mente, sfogo di sentimenti e tentativo di istruzione pubblica degli italiani, Palermo, Sellerio, 2006, pp. 94.

Le mie chiocciole: @@@

Da regalare: al posto della solita bottiglia di vino in occasione di un invito a cena con amici interessati alla politica