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mercoledì 31 agosto 2011

Lettori scontati (2)

Alla vigilia dell'entrata in vigore della Legge Levi sul prezzo dei libri, ecco la seconda parte delle nostre riflessioni in merito (leggi la prima).


Si tratta di una mossa per ostacolare gli operatori on-line? È risaputo che la gran parte delle librerie virtuali offrono i libri a prezzi più vantaggiosi rispetto a qualsiasi altro operatore ‘fisico’, e i loro sconti vanno oltre la soglia sopportabile da una normale libreria. Dunque per il lettore esse risultano spesso preferibili, anche perché danno l’illusione di garantire un servizio molto più efficiente. Ho detto illusione perché molto di frequente i loro archivi, gestiti in maniera quasi del tutto automatizzata, forniscono informazioni approssimative: danno per esaurite edizioni che non lo sono, presentano come fuori catalogo libri in realtà non ancora usciti, etichettano come “di difficile reperibilità” i libri di editori per i quali non dispongono di un contatto diretto, ecc. Dunque illudono di garantire un servizio sempre migliore rispetto al classico libraio, in realtà non sempre è così. Nonostante ciò la validità dei loro servizi è indubbia, e questo consentirà loro di prosperare, ne sono convinto, persino scontando ‘solo’ del 15%.
È una legge che va a discapito dei lettori? Anche chi è disposto ad un sacrificio per salvaguardare la ‘bibliodiversità’, si chiede perché le librerie indipendenti e di qualità debbano garantirsi la sopravvivenza gravando solamente sulle spalle di quei lettori disposti ad accettare prezzi meno convenienti. In fondo, in un regime di libero mercato, chi non sa ricavarsi la propria nicchia, è giusto che lasci lo spazio ad altri. Con l’avvento dei supermercati, molti piccoli alimentari hanno chiuso i battenti; l’arrivo di Ikea ha piegato le ginocchia a diversi mobilifici; perché non lasciare allora che Amazon o le librerie Feltrinelli si accaparrino tutti i lettori? L’atteggiamento dei librai non mi pare sia mai stato ‘assistenzialistico’, nel senso che da tempo la loro professionalità si è evoluta per offrire servizi e ambienti nuovi tali da garantire comunque un riscontro in termini di clienti. D’altro canto il mercato del libro, per sua natura, soffre molto più di altri della concentrazione della filiera, semplicemente perché dei libri si può fare a meno, del latte no, e questo salva molti pizzicagnoli e condanna tante librerie. Magari, non voglio negarlo, questo è l’inevitabile destino, ma è bene avere presente le conseguenze. Vi sono molti editori minori – in termini esclusivamente di quantità, s’intende – che non sono quasi presi in considerazione dalle grandi catene e che quindi ‘sparirebbero’ assieme alle librerie che oggi danno loro una qualche visibilità. Aggiungo che la libreria è ancora luogo di incontro e promozione della cultura, in special modo locale, con meccanismi che mai e poi mai potranno essere fatti propri dalle librerie Mondadori o Giunti. Si può decidere benissimo di rinunciare a tutto ciò, a patto però di aver ben compreso la complessità dello scenario, cosa che non si può dire di chi afferma che la legge Levi è tout court contro i lettori.
È una legge miope, che non risponde alle sfide dei nuovi mercati e delle nuove tecnologie? Non era quello l’ambizioso obiettivo. Convengo che è una legge minore, anche protezionistica, ma di un protezionismo intelligente (pratica auspicabile per uno Stato), complessivamente a favore di molti piccoli e a scapito di pochi grandi, in un momento di difficoltà economica per il comparto. Trovo sia insomma un buon segno che lo Stato intervenga a correggere una pratica commerciale che minava la ricchezza del panorama editoriale. I nuovi mercati e le nuove tecnologie sono altra cosa, sfida ben più impegnativa e comunque non schivabile; sfida che rimane aperta e andrà riflettuta, sia dalla politica sia da editori e librai, al di là degli effetti e del corto raggio (ma non miope) della legge Levi.

Non pretendo che queste riflessioni sparse possano esaurire il discorso, ma mi bastano per dire che il segnale è a mio avviso positivo. Non si tratta peraltro di un’iniziativa isolata: in Francia c’è un tetto agli sconti del 5%; in Spagna e Germania gli sconti mi pare non siano nemmeno previsti. La compagnia non è così malvagia. Per chi volesse approfondire, consiglio di entrare in contatto con i Mulini a Vento, un collettivo composto da diverse case editrice medie e piccole che opera per una nuova regolamentazione del mercato del libro e che ha già ipotizzato nuove iniziative per il prossimo futuro.

Foto: Mulino a vento © Alessandro29

domenica 19 dicembre 2010

Le rivoluzioni del libro

Siamo alle soglie di una rivoluzione. Benché il nostro modo di leggere sia andato progressivamente cambiando nel corso dell'ultimo decennio - in conseguenza dell'aumento esponenziale del tempo dedicato alla lettura on-line - vedo in questo scampolo di 2010 il momento chiave della trasformazione del libro. In fondo il precedente snodo di questa millenaria storia si può anch'esso individuare con precisione: l'anno in cui Johann Gutenberg perfezionò la stampa a caratteri mobili. Quel 1455 segna un passaggio affine a quello cui ora stiamo assistendo. Quanta resistenza, quanto disprezzo si registrò verso il libro a stampa, creato in tante copie, stampato su carta, impresso da un torchio e quindi privo del fascino dato dal tocco artigiano della mano umana. Non si osava neppure porlo a confronto con il manoscritto in pergamena, rubricato con i pié di mosca, abbellito di iniziali calligrafiche, con miniature che erano piccoli quadri... figuriamoci! Le voci, oggi, potrebbero essere le stesse; e la cosa fa pensare.
Il prossimo Natale sarà un banco di prova per l'e-book, anche se non come oggetto in sé. Le vere rivoluzioni infatti, almeno in ambito tecnologico, non sono tali finché non abbracciano un aspetto economico. Già dodici anni fa erano apparsi i primi apparecchi di lettura elettronica (in particolare il Rocket ebook della Sony), ma fu un'effimera bolla. Il tempo non era maturo, e soprattutto non vi si intravide il business (la differenza sta tutta lì). Ora lo scenario prospetta grandi guadagni, col risultato che si assiste alle prime battaglie commerciali. Tab Galaxy, Nook, Kindle, iPad, aggeggi concorrenti spuntano come funghi, alcuni sono puri lettori di e-book, altri sono strumenti più versatili. Con Kindle (il lettore di Amazon) si è divertito a giocare Hans Magnus Enzensberger, trovandoci qualche difetto, ma non potendo esimersi dal riconoscere in esso una notevole forza, appunto rivoluzionaria.
L'e-book è un libro, non dimentichiamolo; pur senza essere scritto a mano, sebbene non esca da una tipografia, è un libro. Il mercato si adegua, si trasforma, lo studia per coglierne le potenzialità nuove; nascono così le librerie dedicate (Edigita, Book Republic, Simplicissimus) molto simili alle normali librerie on-line, e si apre la caccia alle soluzioni innovative. Un caso peculiare può essere quello della versione digitale di Alice nel paese delle meraviglie realizzata da Atomic Antelope, dove il lato ludico diviene quasi preponderante. Ma cosa dovrebbe essere la lettura se non divertimento? Editoria e mondo dei videogiochi si toccano sempre più spesso, come ha di recente rilevato Marcus du Sautoy. Ma il pericolo maggiore è quello: giochicchiare. L'e-book possiede i mezzi per distrarci dalla lettura, mentre la lettura dovrebbe essere pura astrazione dal mondo. Siamo di fronte a un paradosso: lo strumento ostacola il raggiungimento del fine per cui è stato prodotto.
A favore del libro cartaceo ho sostenuto il valore della sua multimedialità interiore, la sua capacità di svanire fra le mani, di diventare immateriale mentre ci conduce in altri mondi, siamo sempre lì, affossati in quella vecchia poltrona, eppure siamo lontanissimi, più lontani di quanto ci possa spingere una radio o un televisore. Credo sia anche per questo che Umberto Eco non abbia avuto tentennamenti nell'affermare che non riusciremo a liberarci dai libri. Tuttavia mi rimane il dubbio se ciò basterà a frenare il nuovo che avanza. Ho l'impressione che persino i lettori, esseri fisicamente impigriti per mandato naturale, potrebbero presto abbandonare la loro vecchia poltrona. Sarebbe una gran rivoluzione.

venerdì 1 gennaio 2010

I libri sono multimediali

«C'erano delle ricerche che dichiaravano che l'hyperlearning era la forma di apprendimento del futuro, lontano dagli asili e dalle scuole. Con forza, quindi, lo psicologo dell'apprendimento si scagliò proprio contro questa tesi, e relazionò sulla sua esperienza nella scuola elementare, dove negli ultimi anni è diventato sempre più difficile fare lezione a causa dell'aumento della sindrome da iperattività, una evidente conseguenza dell'uso smodato della televisione e dei media in generale». Così Birgit Vanderbeke nel romanzo Sweet sixteen (Roma-Cosenza, Del Vecchio, 2008, p. 31) e, pur trattandosi di finzione narrativa, è evidente che l'analisi riflette una realtà concreta, in particolare rispetto alla crescita incontrollata avuta da internet negli ultimi anni. Certe forme di apprendimento, di acquisizione di conoscenza, sono dunque destinate ad estinguersi? I libri soccomberanno di fronte alle nuove tecnologie?
Mi pare abbastanza evidente che lo scontro fra internet e qualsiasi altro media sia di per sé uno scontro impari. In un editoriale di qualche tempo fa («Wired», n. 3, maggio 2009, pp. 11-12) Riccardo Luna affermava che, nella sciagurata eventualità d’essere costretto a rinunciare a tutti i mezzi di comunicazione tranne uno, non avrebbe dubbi nel far cadere la scelta su internet rispetto a libri, radio, televisione... Difficile dargli torto, ma si può obiettare che si tratta di una risposta furba, perché internet è un mezzo che raccoglie e ripropone, anzi potenzia, anche i contenuti generati da altri media. Internet ricicla tutto e quindi ingloba tutto, permette di leggere libri, di ascoltare radio, di vedere film, e in più crea prodotti e messaggi nuovi. All'apparenza l'epilogo è scontato. Pensare che prima o poi internet – assieme alle sue varie appendici tecno-portatili - soppianterà del tutto gli altri media risulta quasi scontato. Eppure io sono convinto che non è questo ciò che ci riserva l'immediato futuro.
C'è un dato storico evidente. Nessun media, al suo apparire, ha mai fatto tabula rasa attorno a sé. La tradizione orale non è stata cancellata dal libro, la radio è sopravvissuta alla televisione, ogni mezzo ha trovato una sua nuova collocazione, a volte perdendo parte della sua influenza o dovendo in qualche modo reinventarsi, d'accordo, ma di sparire non se n'è parlato. Mai quanto oggi i media sono integrati fra loro in una rete di reciproco scambio, teorizzata fra l'altro nel concetto di cross-media. Non vedo perché improvvisamente le cose dovrebbero andare in maniera diversa.
La multimedialità, carattere forte e specifico di internet, non è un suo carattere esclusivo. Volendo immaginare nello specifico il duello fra libro e internet, lo vedo anzi proprio come un duello fra due generi diversi di multimedialità. Perché – lasciatemi azzardare – anche il libro è un oggetto multimediale; ovviamente non come supporto in sé, ma per il fatto di finire nelle nostre mani. Noi siamo sempre più esseri multimediali, resi tali da un modo nuovissimo di apprendere e condividere la conoscenza, e tendiamo a rendere multimediale tutto ciò che solletica le nostre percezioni, benché non sempre – è qui sta la questione – con il medesimo esito.
Che multimedialità è infatti quella di internet? È una multimedialità esteriore, ipercinetica e ingorda. Ci stimola di continuo, manda messaggi infiniti, zampilla come una fontana. È giocosa e frenetica, sempre alla caccia di cose nuove; salta da un link all’altro come Tarzan fra le liane, spesso senza lasciare tempo per riflettere: raccoglie, confronta, sbuccia, morde e getta via. Sommerge a tal punto di cose da lasciarci alla fine disorientati o inebetitamente sazi.
Anche il libro, una volta aperto, richiama alla mente e ai sensi immagini, suoni, odori, evoca proustianamente informazioni, non necessariamente meno efficaci solo perché depositate dentro di noi, anziché nel database di Wikipedia. Ripeto, siamo noi oramai ad essere multimediali, ad avere innestato nel pensiero il meccanismo del link, a cercare necessariamente il collegamento. Quella del libro è perciò una multimedialità interiore, intima e personale, che pesca da un bacino di conoscenze molto più limitato, ma di certo più denso di significati per ciascuno di noi. È una multimedialità dai tempi lenti, dilatati, che non assilla chi vi si immerge, ma consente di divagare con grande libertà. Credo che il bisogno di un approccio di questo tipo non verrà mai meno: ci sarà sempre un lettore in cerca di un libro per godersi la propria multimedialità interiore.
Insomma vale sempre quanto diceva Giovanni Pozzi: «Il libro, deposito della memoria, antidoto al caos dell'oblio, dove la parola giace, ma insonne, pronta a farsi incontro con passo silenzioso a chi la sollecita. Amico discretissimo, il libro non è petulante, risponde solo se richiesto, non urge oltre quando gli si chiede una sosta. Colmo di parole, tace». Ed è nel silenzio che spesso nascono i nostri migliori pensieri.

Foto: Mad fools and Englishmen © James Lyon