mercoledì 15 ottobre 2008

Essiccazione

Alcune persone con abitudini considerate socialmente disdicevoli – come possono essere l’arrivare sempre in ritardo o ritrovarsi ogni sera ubriachi persi – assumono spesso un atteggiamento di sufficienza verso il resto del mondo, quello “bravo” che non beve e rispetta gli appuntamenti al minuto. Si fanno una bandiera della loro diversità, sotto sotto se ne vantano e deridono gli altri che vogliono per forza farli sentire sbagliati. Così fa Augusten, assediato da una sbronza quasi perenne nonostante il ben pagato lavoro in una grossa agenzia pubblicitaria newyorchese. Finché i superiori non lo mettono alle strette e lo costringono a scegliere: o si sbarazza della bottiglia e dell’aria di superiorità, o saranno costretti a sbatterlo fuori. A quel punto Augusten deve affrontare la realtà della sua subdola dipendenza ed entrare in un istituto per disintossicarsi.
È un piacere ritrovare la prosa ironica e godibile di Burroughs, dopo il bel successo di Correndo con le forbici in mano. Si passa da una pagina all’altra fermandosi solo un momento su frasi del tipo: «Pensa alla tua testa come a un quartiere poco sicuro; non ti ci avventurare mai da solo» (p. 169). Si ride a trovarlo in piena notte, ovviamente in preda all’alcool, poche ore prima di un importante appuntamento, mentre fissa l’orologio che fa le 4.15 e si chiede perché sia regolato sull’ora dell’Europa anziché su quella di Manhattan.
Alla fine però questo Dry si classifica qualche gradino sotto rispetto al romanzo precedente. Se non altro perché non ha un vero sviluppo: è la storia di un uomo che – passando attraverso vari rapporti amorosi o semplicemente (omo)sessuali – decide di smettere di bere e, più o meno, ci riesce. A tratti assume il tono di quei manuali esistenziali che dovrebbero farti diventare un’aquila o farti crescere il pollice verde; o di un vademecum per alcolisti anonimi. Insomma una vicenda un po’ leggera, nonostante alcuni eventi umanamente forti, per reggere quasi trecento pagine.
D’altronde l’autobiografia è sempre un rischio: a parlare troppo di sé si rimane da soli ad ascoltarsi. Ed è un peccato perché la penna è ottima, ma se la storia dell’infanzia era una pazzesca e disastrosa sarabanda (appunto Correndo con le forbici in mano), altrettanto non si può dire della vicenda di Dry, reale quanto si vuole, ma poco narrativa e quasi inconclusa. Allora un solo invito: Augusten, raccontaci un’altra storia!

Augusten Burroughs, Dry, Padova, Alet, 2005, pp. 304.

Le mie chiocciole: @@@
Da regalare: ad un romantico omosessuale in cerca dell’anima gemella.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Dry è un libro secco e scabro, tagliante e limpido come uno dei cocktail dai quali è ispirato. Superato l'immancabile compiacimento di Borroughs verso la brandizzazione della vita e della professione, il racconto viaggia con passione e commuove. L'ho amato tanto, e trovo sia un peccato che certe strategie editoriali italiane gli abbiano impedito di guadagnare il consenso che meritava.
Max Giovagnoli

ilVoltaPagine ha detto...

Forse sono stato troppo severo? Condivido molto di quello che dici. Ma Burroughs ha dei numeri e volevo stimolarlo un po'...

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