mercoledì 9 marzo 2011

Una trinità moderna

Frans Kellendonk ha il dono di una scrittura dalla straordinaria forza evocativa, e lo dimostra giustamente quando descrive le cose più semplici. Il lento risveglio di Gijselhart; Magda sulla colonna, che può sembrare un angelo e invece è un «filo di foschia condensato in un genio dell'aria» (p. 5); il cane lì accanto che gironzola «tracciando neri simboli di infinito» (p. 8); bastano queste e poche altre righe perché Corpo mistico ci prenda definitivamente con sé. È un romanzo in cui è difficile trovare passaggi deboli; la guida di uno stile che sa essere nel contempo ricco, mai banale dunque, eppure essenziale, rende quantomai piacevole l'immersione nelle storie che racconta. Storie curiose, borderline si direbbe, ma verissime, e con simboli fortemente significanti. Come il titolo suggerisce, la religione è il bacino primo da cui pescare materiali eterogeneii, per poi plasmarli in modi inattesi e volutamente blasfemi.
La trinità, per fare un esempio, viene nominata la prima volta quando il padre, Gijselhart, si tocca fra le gambe nella meccanica naturale del risveglio mattutino. Ma non si tratta solo di scherzi retorici, vi sono rovesciamenti concettualmente forti e questioni profonde sbattute in faccia ai tre protagonisti, e quindi a noi lettori, le questioni che la vita ci pone di fronte nei momenti di intensità maggiore.
Il denaro domina la vita di Gijselhart, egli ne ha fatto la sua religione. Lo ama, il denaro, perché è diverso da tutti i beni transitori: il suo fascino rimane intatto anche dopo che l'hai posseduto (p. 12). Inevitabile l'incessante corsa al possesso, l'avarizia maniacale che porta ad esiti paradossali, come quando Gijselhart cerca di pagare una cena barattandola con un caricabatterie (p. 30), perché egli ama i soldi, non è attaccato ai beni materiali, tanto che venderebbe sua figlia – arriva a dire, col sorriso sulle labbra – se qualcuno la volesse comprare. Con queste premesse si possono immaginare quali attriti e scintille debbano materializzarsi nel rapporto appunto fra padre e figlia, che già di per sé è uno dei legami umani più complessi. Magda poi ci mette del suo, perché periodicamente lascia la casa per inseguire qualche uomo sbagliato e il suo spirito materno, e periodicamente fa ritorno delusa, turbata. Nella sua 'materialità' il padre non capisce che per una donna è diverso: «gli uomini si fanno lanciare in un razzo nello spazio infinito, trovano avventuroso vagare per l'oscurità con le loro tute spaziali, mentre una donna morirebbe dallo sconforto» (p. 42). Magda ha bisogno di una svolta nella sua vita e in qualche modo trascina in essa tutta la famiglia, compreso il fratello che da tempo vive oltre oceano, a New York, ad occuparsi d'arte, a sentirsi un potenziale fallito nel momento in cui tocca l'apice del successo. Leendert torna a casa portandosi dietro dei fantasmi, in primis l'amore stroncato dalla malattia, amore evocato nel lungo e affascinante racconto di una notte di matrimonio trascorsa nel letto con gli sposi (pp. 67-79). Insomma, con grande disappunto del solitario padre, Magda finisce per raccogliere in casa tutti i suoi uomini, in un ecumenismo che va oltre la trinità.
Ovviamente il gioco continuo con le cose sacre le sveste del loro valore, le riporta ad una dimensione terrena, e non solo bassa, ma priva di spinte verso l'alto. Emblematica in tal senso è la dissacratoria preghiera di Leendert alla sorella: «Ave Magda, piena di invidia, sposa di nessuno, tu sei la più buggerata fra le donne...» (p. 94). Tuttavia non si tratta per Kellendonk di una disillusione, è piuttosto un'analisi del suo sguardo acuto sulla modernità che si è mostrata ormai a pezzi, a rischio costante di crollo, eppure non ancora perduta. Nella intensa prefazione al libro, dovuta a Bas Heijne, si ricorda come lo stesso autore affermasse che «le grandi parole, paradiso, amore, Dio, si sono rivelate vuote, ma possiamo dar loro un nuovo significato prendendole per ciò che sono: espressioni di desiderio. E il desiderio è la forza nascosta di questo romanzo disperato» (p. IX).

Frans Kellendonk, Corpo mistico, Villa San Secondo (AT), Scritturapura, 2007.

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