
Così appaiono certi angoli di Puglia, che a guardarli sembrano ancora oggi antichi, con le loro piane brulle interrotte da inattese foreste, con le case diroccate chiuse come pugni, il mare vivido sulle rocce e placido sulla sabbia. Sembrano antichi, come sembra antica questa storia, scandita in sette giorni infernali in un Sud ancestrale, dimentico di quasi tutte le regole del vivere civile, nelle mani di un’umanità primitiva. Eppure c’è tutto il nostro moderno ed evoluto mondo in Uomini e cani; allora a volte si deglutisce faticosamente, e ci si ripete che in fondo è solo finzione narrativa, è solo finzione, oppure no?
Sorvolando sui pochi luoghi comuni in merito all’abusivismo edilizio a danno delle aree protette o all’atmosfera pre-elettorale nel piccolo comune, risulta difficile scovare qualcosa di inessenziale nel romanzo di Omar Di Monopoli, nonostante un’inventiva lessicale che avrebbe potuto scivolare nel barocco e invece riesce senza fatica a far immaginare «un’umanità scalena e abnorme» (p. 33). In questo senso la vera punta di diamante sono i dialoghi, affogati in una prosa tagliente, ricca, ma appunto misurata. Pare davvero di sentirle tutte le voci malsane e sbilenche di quella selva di martiri e dannati che sono i personaggi che costellano il romanzo, personaggi buoni e cattivi, ciascuno a modo proprio schiavo di una terra che pare non lasciare scampo.
Uomini e cani è un libro straniante perché fa perdere molti dei naturali punti di riferimento del vivere comune, perché ci ricorda che il cane è il miglior amico dell’uomo, ma solo se non è incazzato.
Omar Di Monopoli, Uomini e cani, Milano, Isbn, 2007.
Le mie chiocciole: @@@@
Da regalare: al dog-sitter dei vicini
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