mercoledì 26 dicembre 2012

Inquietanti, respingenti, ipnotici


Li avete visti i negozi automatici? Sono quegli sgabuzzini riempiti di distributori di ogni cosa che paiono ibridazioni manga tra un armadio e un flipper. Nelle città se ne trovano sempre di più. Di solito rimpiazzano i negozietti dove si riparavano gli orologi, si vendevano i fumetti o si facevano panini melanzane e pancetta. Sono nei punti di maggior passaggio: vicino alle fermate dei mezzi pubblici, in prossimità di scuole, ospedali, impianti sportivi, monumenti. Mi danno tanta tristezza e mi respingono come emanassero raggi gamma.
Premetto che tutti gli sgabuzzini mi fanno tristezza, incluso il mio e il vostro, se lo avete, ma almeno quelli nelle case richiamano frattaglie di vita e, accostando la conserva di nonna alla trielina e alle scarpe buone per le occasioni che non vengono mai, hanno storie da raccontare. Nei negozi automatici storie non ce ne sono. Le cose lì non sono di nessuno finché il consumatore non se ne appropria, le adotta direi. Il ronzio dei frigo e dei sistemi di sicurezza evoca un allegro obitorio dove le lucine non riescono comunque a convincere della bontà di alcuna salma. In un impeto di ottimismo lo potrei definire un distributore di storie da embrioni congelati.
I momenti più interessanti da cittadino, impiegato, turista, sono sempre stati quelli in cui entri in un negozio, misuri la distanza tra i tuoi desideri dalla possibilità che ti offre, cerchi la complicità del commesso, e poi tenti di esaudire il tuo desiderio di quel momento. A volte ci riesci, a volte no, ma sempre hai incartato l'oggetto del suo acquisto di ciò che gli da il gusto vero: il fattore umano. Non fatevi ingannare se evocano le macchinette del caffè presenti negli uffici: per questo davanti a loro ti senti 'quasi' a tuo agio.  Le macchinette negli uffici sono dispenser di buoni consigli prima ancora di acqua sporca aromatizzata al caffè, sono totem antistress, fari per impiegati disorientati. Queste stanzette al piano strada sono invece set impersonali per consumi istintivi e solitari, ideali solo per chi ne ha abbastanza del genere umano, pericolosi per tutti gli altri.
I primi negozi automatici puntavano solo su bevande e cibo, i secondi hanno aggiunto cose di utilità come fazzolettini, preservativi e creme solari. Ora non ci si deve stupire nel trovare scarpe, libri, souvenir, e cianfrusaglie varie. Verranno consulti psichiatrici con assistenti virtuali, simulazioni di colloqui di lavoro o tecniche di seduzione, erogatori di strette di mano, analizzatori del cuoio capelluto e della vista. Non li sopporto ma ogni volta che gli passo vicino butto dentro un’occhiata nella speranza di vedere l’uomo che li rifornisce, la presenza umana che li alimenta. È bello quell’uomo, fa un lavoro vero, magari gli piace pure e non comprerebbe mai un sandwich al pangasio in un posto così. Ed è felice almeno finché non decideranno che un omino meccanico possa fare lo stesso lavoro in meno tempo, senza ferie e pause, e al massimo un cambio d’olio ogni sei mesi.

(post di Andrea Pugliese da Pensieri sProfondi)

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