mercoledì 24 febbraio 2010

Riflessi e riflessioni in casa del recensore

Per il recensore è tutto molto semplice. Accende una luce bassa, si stende sulla poltrona, sul tavolino a fianco una tazza di Earl Grey, e inizia a leggere. D'estate può sistemarsi ad un tavolo in veranda, sotto una striscia d'ombra, spostando di tanto in tanto gli occhi sui riflessi colorati dei bicchieri che ancora sanno di limonata fresca. Apre il libro e vi si immerge, rilassato, con la sicumera del vincitore. Eh sì, il recensore vince sempre. Sia che esalti, sia che stronchi, il suo giudizio lo pone al di sopra del comune lettore, al di sopra persino dello scrittore. È un giudice intoccabile che parla e scrive da un tribunale deserto, emette sentenze senza assistere a dibattimenti, senza ascoltare testimoni. Con tre righe di fuoco, con un taglio stilistico preciso, può infliggere a tante sudate carte un solo e terribile colpo mortale. Ogni qualvolta apre bocca, pare che dica: “Questo è il mio giudizio, non serve aggiungere altro”.
Credo sia opportuno frenarsi, prima che il potere dia alla testa e faccia scordare il proprio limite. Forse l'ottimo recensore è colui il quale sa di non possedere alcuna verità; che sa di affidarsi ad un gusto relativo, ben infiocchettato magari, ma sempre relativo; che sa riconoscere quanto il virtuosismo critico sia comunque sempre un'appendice minore del lavoro che ha esaminato. Allora, prima di montarmi la testa e costringere qualcuno a ricordarmi tutto ciò, sono contento di riportare qui quanto scrisse Anton Ego, dopo essere stato strabiliato da un piccolo topo:
«Per molti versi la professione del critico è facile. Rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio; prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare, è che nel grande disegno delle cose anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale» (da Ratatouille).

Foto: Riflessioni © Giuseppe Nardacchione

1 commento:

Anonimo ha detto...

Negli USA c'è un modo di dire:

Chi sa fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare critica...

Giampiero

Posta un commento