domenica 6 settembre 2009

La città senza grigi

Il signore delle mosche ha un antenato, e abita a Timpetill. Nel centro del paese non c'è una testa di maiale infissa in un palo, bensì la statua di san Matteo, eppure la domanda di fondo è la stessa: come agirebbe una comunità di bambini improvvisamente abbandonata a se stessa? Darebbe libero sfogo a tutti gli egoismi facendo prevalere la legge della giungla, oppure tenterebbe di darsi un ordine, delle regole, per creare una società senza prevaricazioni ed efficiente nella propria sussistenza? Se William Golding da qui era partito per dipingere un quadro pieno di sfumature, Henry Winterfeld, diversi anni prima, aveva scritto di Timpetill evitando decisamente i grigi: una divisione manichea contrappone i Pirati di Oscar Stettner al gruppo guidato da Tommaso Wank, cattivi contro buoni, e se i primi ricalcano perfettamente la fisionomia della classica banda di discoli, i secondi sono così buoni da apparire quasi falsi. Sfoggiano notevole lungimiranza, una dirittura morale al limite dello stucchevole, una saggezza tanto pacata da difettare di verosimiglianza.
C'è una smisurata fiducia nel prevalere della disciplina, nella soddisfazione che chiunque godrà nel sottostarvi, nella qualità delle scelte che le guide dei "buoni" faranno. Tutto procede per il meglio nel rapido cammino di crescita dei bambini, tanto che la conquista delle redini della città moderna - tratteggiata come luogo perfetto di progresso sociale e tecnologico - avviene a tratti in maniera didascalica, poco dinamica (il capitolo dedicato alle centrali elettrica e idraulica che alimentano la città, alle pp. 120-125, pare un piccolo manuale da Giovane Marmotta).
Col senno di poi è facile constatare quanto lontana da queste pagine sia la pedagogia, intesa nel senso di scienza che si interessa al bambino nella sua unicità e non come prototipo imperfetto dell'adulto. Nonostante manchino le efferatezze, la spietatezza, la disillusione del Signore delle mosche, il romanzo di Winterfeld è pervaso da un cinismo leggero che lo rende per certi versi ancor più crudele. A ben vedere quei ragazzini sono cavie di laboratorio, vittime di un esperimento involontario quanto irresponsabile. Perché tutto ha inizio quando il telefono azzurro è ben di là da venire e i genitori si permettono il lusso di giocare un tiro birbone, ma birbone davvero, ai propri figli. Sennonché la situazione sfugge loro di mano e ai bambini tocca diventare grandi molto in fretta.
Timpetill uscì nel 1933 e Carmine De Luca - nell'introduzione a questa nuova edizione del romanzo - si pone la nient'affatto banale questione del rapporto dell'opera con l'ascesa del nazismo. Non sarebbe improprio, ipotizza De Luca, vedere nei Pirati un "simulacro delle bande [...] agli ordini di Hitler" (p. 13), e quindi raffigurare Tommaso e compagni come ideali oppositori del folle regime. Per la verità mi pare altrettanto plausibile pensare l'esatto contrario. La volontà di organizzare e rendere comune ogni aspetto della vita sociale, l'imposizione dall'alto di ruoli e incarichi, la spinta allo sfruttamento delle macchine (si veda l'episodio del tram), sono alcuni degli aspetti che fanno aleggiare attorno ai "buoni" un alone oggi perlomeno sospetto. Quelle pattuglie della riserva che girano armate di bastoni evocano certo qualcosa. Ci sarebbe da indagare e l'esito della ricerca potrebbe essere paradossale, considerando soprattutto che lo stesso Winterfeld cadde vittima delle leggi razziali e dovette lasciare la Germania poco tempo dopo l'uscita del romanzo. Chissà se nella vicenda non vi sia posto per della fiducia mal riposta e poi delusa.
Rimane il fatto che alcuni dei nostri nonni sono cresciuti leggendo e rileggendo le avventure raccontate da Henry Winterfeld e al libro sono ancora affezionati, come è il caso di Tullio De Mauro che firma la presentazione. Nulla di strano; sappiamo bene che alle storie della nostra infanzia perdoniamo ogni cosa: comunque rimarranno per sempre la storie più belle al mondo.

Manfred Michael (Henry Winterfeld), Timpetill. La città senza genitori, Perugia, Edizioni Era Nuova, 2008.

Le mie chiocciole: @@

Da regalare: alla mamma eccessivamente apprensiva.

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