
Da lettori smaniosi di storie sarete indispettiti da Metz che nulla coglie e niente fa, che scaccia lontano qualunque evento. Vi chiederete perplessi dove voglia condurvi, ma già in quell’istante le lievi spire vi avranno avvolto e sarete dentro, oramai incuranti del senso, coinvolti nella dolce apatia, nella soddisfazione dei minimi gesti. Il sottile filo del racconto si srotola fluido, senza picchi, eppure senza che la tensione cali. Tutto è retto dalle tante donne che con il loro affetto circondano Enrico Metz nella sua incipiente senilità; egli pare poterle amare tutte e placidamente lasciarsi amare. Così resta nella bocca la saliva impastata di un sonno che si fa sempre più lungo e porta con sé un retrogusto sospeso fra il dolce e l’amaro; quasi a far venire voglia d’invecchiare.
Claudio Piersanti, Il ritorno a casa di Enrico Metz, Milano, Feltrinelli, 2006.
Le mie chiocciole: @@@@
Da regalare: allo zio che non si decide ad andare in pensione
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